I Test Genetici con la Tecnologia più Avanzata al Mondo
I test genetici offerti da myGenetiX sono finalizzati esclusivamente a fornire informazioni di carattere personale e orientativo. I risultati non hanno valore clinico o diagnostico e non possono essere utilizzati per definire diagnosi, prescrivere terapie o sostituire il parere di un medico o di altri professionisti della salute qualificati.
Tutte le analisi sono effettuate in strutture di riferimento a livello internazionale, utilizzando le tecnologie più avanzate attualmente disponibili nel campo della genetica. I dati forniti hanno lo scopo di arricchire la consapevolezza individuale e possono rappresentare uno strumento utile per riflettere sul proprio stile di vita in un’ottica di prevenzione primaria, benessere, longevità e miglioramento personale.
Per ogni decisione relativa alla salute o all’alimentazione, è raccomandato rivolgersi sempre a un professionista sanitario.
Tiroidite di Hashimoto
La tiroidite di Hashimoto, conosciuta anche come tiroidite linfocitaria cronica, è una malattia autoimmune che colpisce la ghiandola tiroidea. Si tratta di una delle cause più comuni di ipotiroidismo a livello globale. Nella tiroidite di Hashimoto, il sistema immunitario attacca erroneamente le cellule della tiroide, causando un'infiammazione cronica che porta progressivamente alla distruzione del tessuto ghiandolare e a una riduzione della produzione degli ormoni tiroidei T3 e T4. Il nome della patologia deriva dal medico giapponese Hakaru Hashimoto, che per primo la descrisse nel 1912. La sua incidenza è stimata tra lo 0,3 e l’1,5 per 1.000 persone all’anno, con una marcata prevalenza tra le donne rispetto agli uomini. La malattia ha una base autoimmune complessa e multifattoriale. Sebbene sia riconosciuta una componente genetica che predispone allo sviluppo della patologia, altri fattori ambientali e ormonali giocano un ruolo fondamentale nell’attivazione del processo autoimmunitario. Tra i principali fattori di rischio figurano il sesso femminile (con una frequenza da 4 a 10 volte superiore rispetto ai maschi), l’età (soprattutto tra i 30 e i 50 anni), la presenza di altre malattie autoimmuni, la carenza o l’eccesso di iodio, la carenza di selenio e vitamina D, l’esposizione a infezioni virali, lo stress cronico e alcune condizioni endocrine, come la gravidanza e la menopausa. Dal punto di vista clinico, la tiroidite di Hashimoto è spesso asintomatica nelle fasi iniziali e può progredire lentamente nel corso di anni, fino a determinare un quadro di ipotiroidismo manifesto. Uno dei primi segnali può essere la comparsa di un gozzo, ovvero un ingrossamento della tiroide, spesso visibile alla base del collo, che può causare senso di compressione, raucedine, difficoltà a deglutire e sensazione di costrizione. Con il peggioramento della funzione tiroidea, si manifestano sintomi più evidenti come stanchezza persistente, aumento di peso non giustificato, freddolosità, rallentamento del battito cardiaco, secchezza cutanea, depressione, difficoltà di concentrazione, perdita di capelli, unghie fragili, voce rauca e irregolarità mestruali. In alcuni casi, si può anche osservare una riduzione della fertilità. La diagnosi viene effettuata mediante esami ematici specifici, che evidenziano una riduzione dei livelli degli ormoni tiroidei (T3 e T4), un aumento dell’ormone TSH (che stimola la tiroide) e la presenza di autoanticorpi anti-tiroide, in particolare anti-TPO (anti-perossidasi tiroidea) e anti-Tg (anti-tireoglobulina). L’ecografia della tiroide può evidenziare una ghiandola irregolare, con una struttura ipoecogena e un volume variabile. Attualmente non esiste una cura per la tiroidite di Hashimoto, ma il trattamento dell’ipotiroidismo conseguente è semplice ed efficace. Consiste nella somministrazione quotidiana di levotiroxina, un ormone tiroideo sintetico che compensa la carenza e ristabilisce un corretto equilibrio metabolico. Una volta iniziata la terapia, è fondamentale monitorare periodicamente i livelli ormonali per adattare il dosaggio e garantire un adeguato controllo della patologia. Anche l’alimentazione può contribuire al benessere del paziente: una dieta bilanciata, il corretto apporto di iodio, selenio e vitamina D, e uno stile di vita sano con riduzione dello stress aiutano a migliorare il quadro clinico. Numero di varianti osservate 13,5 milioni di varianti Numero di loci analizzati 12 loci