Isoniazide (Reazioni avverse)
Risultati – Farmacogenetica L’isoniazide è un antibiotico di prima linea utilizzato nel trattamento della tubercolosi, sia in monoterapia per la profilassi che in combinazione con altri farmaci nella terapia attiva. La sua azione si basa sull’inibizione della sintesi degli acidi micolici, componenti fondamentali della parete cellulare dei micobatteri, rendendola un agente altamente efficace contro Mycobacterium tuberculosis. Tuttavia, il suo impiego è spesso limitato da una serie di reazioni avverse, tra cui epatotossicità, neuropatia periferica e, più raramente, manifestazioni psichiatriche. La suscettibilità individuale a queste tossicità è influenzata in modo rilevante da fattori genetici, in particolare dalla capacità metabolica dell’individuo nel detossificare il farmaco. Il principale enzima coinvolto nel metabolismo dell’isoniazide è NAT2 (N-acetiltransferasi 2), responsabile dell’acetilazione del farmaco nel fegato. Il gene NAT2 presenta polimorfismi comuni che definiscono tre fenotipi principali: acetilatori lenti, intermedi e rapidi. I soggetti acetilatori lenti, ovvero quelli con due copie di alleli a bassa attività, mostrano una maggiore esposizione sistemica all’isoniazide e ai suoi metaboliti tossici, con conseguente rischio aumentato di effetti collaterali, soprattutto a livello epatico e neurologico. L’epatotossicità è la complicanza più temuta e si manifesta in genere con innalzamento delle transaminasi, ittero o, nei casi gravi, insufficienza epatica acuta. Questo rischio è particolarmente marcato nei pazienti anziani, nei consumatori abituali di alcol e nei soggetti con genotipo NAT2 lento. Anche la neuropatia periferica è più comune in questi pazienti, soprattutto in assenza di supplementazione con vitamina B6 (piridossina), che può contrastare l’azione neurotossica dell’idrazina, un metabolita dell’isoniazide. I soggetti acetilatori rapidi, invece, metabolizzano rapidamente l’isoniazide, riducendo il rischio di tossicità ma potenzialmente diminuendo l’efficacia antimicrobica, soprattutto se il dosaggio non è adeguato. Questo è particolarmente rilevante nelle forme resistenti della tubercolosi, dove è richiesta una concentrazione plasmatica ottimale del farmaco. La conoscenza del profilo genetico NAT2 permette dunque un approccio più sicuro e personalizzato alla terapia con isoniazide. Nei pazienti con fenotipo lento, si può considerare un aggiustamento della dose, un monitoraggio più frequente della funzionalità epatica e l’integrazione preventiva con piridossina per ridurre i rischi di neuropatia.